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La Ciaccona di Bach! Stavo impazzendo da ore sui tasti del mio Estonia 225 per cercare di raffinare le battute 94-96, quelle dove Busoni, invertendo il passaggio melodico, divide la melodia stessa fra le due mani e la organizza in modo da sembrare più il suono prodotto da un’arpa che da un pianoforte. Apparentemente sono tre battute facili in un contesto di una partitura piuttosto ostica ma non so perché non ero contento di come mettevo in risalto le note salienti… Mi ero quindi fermato con uno sguardo un po’ perso tra il fissare la partitura che non c’era sul leggio e il punto finale della coda del piano, quasi a cercare la sicura disapprovazione del buon Ferruccio, quando il suono del campanello mi avvisava che qualcuno era alla porta.

Non aspettavo visite, la pandemia ci ha reso così asociali, ed il corriere Amazon era già passato da un bel po’, quindi erano zero le probabilità che indovinassi chi si stesse materializzando. Non usai il citofono ma preferii affacciarmi alla finestra. Dall’alto, la sua immagine, comunque femminile, non era chiara, anche perché uno strano cappello le copriva completamente la testa. Diedi un piccolo colpo di tosse, abbastanza per farle alzare lo sguardo verso di me e allora la riconobbi all’istante. Ci eravamo visti solo due volte in precedenza, la prima tanti anni fa, in piscina (ripescato in extremis dal bagnino mentre rischiavo di affogare) e poi a Bologna, saranno stati dieci anni or sono o forse meno, mentre camminando per strada ebbi un’improvvisa crisi d’aria che mi portò diritto all’ospedale. Dopo tutto questo tempo! Che voleva da me?

Era una bella donna ancora, sembrava il tempo non le avesse intaccato i lineamenti e il procedere sinuoso sulle scale ricordava quelle attrici che si atteggiano a dive anche quando le rughe hanno scolpito il loro volto. Ma lei non le aveva.

La feci accomodare sul divano a fianco del pianoforte, lei nel sedersi si tolse il cappello ed anche la mantellina scura che mi sembrava completamente fuori luogo per una giornata tiepida come queste del finir di maggio. La sua figura priva ora di quei goffi paramenti era ancora più inquietante nella sua magrezza che le scavava l’addome e le metteva in risalto le mani, affusolate come quelle di una pianista. Quest’ultimo particolare mi donava allora un po’ di calma, mitigava quella strana inquietudine che, memore dei nostri incontri precedenti, non mi stava tranquillizzando per nulla. Se anche lei era una musicista avremmo sicuramente trovato un punto di discussione comune, forse poteva consigliarmi come risolvere quelle tre stramaledette battute… Invece non disse nulla, se ne stava ferma lì a guardarmi, indagava il mio viso e il mio corpo come a cogliere un segno di debolezza, una scusa per fare valere le sue assurde ragioni.

L’impasse della situazione stava diventando comica; io non potevo continuare a dedicarle altro tempo, la Ciaccona aspettava fremente le mie mani, e d’altro canto lei doveva sicuramente visitare altre persone. Oh Dio, la stavo paragonando ad una piazzista che va di casa in casa per cercar di vendere un improponibile aspirapolvere! Forse lei capii questa malcelata frenesia di congedarla e quindi disse solo due parole che mi parvero due mattoni: ‘Maggio 2018’!

Mi aspettavo che prima o poi me lo avesse ricordato, maledetto periodo quello appena citato! Una notizia che avrebbe cambiato la mia percezione della vita, degli affetti, delle mie occupazioni più o meno piacevoli. Fingevo di non rammentare, ma lei era venuta apposta, ora capisco. Feci allora un cenno con il capo in segno di assenso, le feci intendere che, se avesse voluto, sarei potuto scendere con lei, in fin dei conti Busoni non si sarebbe rammaricato più di tanto, chissà in quanti avranno fatto scempio della sua trascrizione, diamine, mica solo io… Non ci fu risposta, si alzò semplicemente in piedi, si rimise copricapo e mantellina e si avviò, da sola, verso la porta. Corsi sul balcone, giusto in tempo per notare che aveva suonato ad un cancello non lontano dalla mia casa. Quante persone doveva conoscere! Me ne rimasi un po’ sul terrazzo, incuriosito, volevo vederla riapparire. Scesero questa volta in due, lei ridacchiando, lui per nulla contento di quella visita.

Angosciato tornai a sedermi al pianoforte, attaccai la Ciaccona da capo e quando giunsi a battuta 94 sentii le mie mani volare su quel passaggio indigesto, le note giuste si posero in luce senza che facessi alcuno sforzo ed arrivai alla fine del brano in maniera pulita come forse non avrei mai più rifatto.

Fu solo allora che notai il suo biglietto da visita, lasciato in bella mostra e sul quale aveva vergato di suo pugno la frase ‘presto ci rivedremo ancora’…

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