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Conosco Ko Matsushita da tanti anni, è un compositore che ogni volta che parla mi tocca il cuore. La sua storia mi ricorda quella di William Byrd, cattolico in un paese, l’Inghilterra, di protestanti. Ko ha un animo profondamente spirituale e il suo desiderio di essere in contatto con Dio lo riversa nei suoi brani. Come quello, Cantate Domino, composto poco dopo il terremoto e tsunami di Fukushima.

AA: Esprimere il proprio mondo interiore è impor­tante per un musicista, che deve imparare a cana­lizzare questa sua interiorità attraverso la scrittura musicale, l’esecuzione di un brano o l’interpretazione personale. Cosa pensi dell’ispirazione e come vivi il tuo rapporto con la “musa ispiratrice”, in pratica c’è qualcosa che ti ispira in particolare?

KM: Ovviamente, io penso che scrivere musica non sia basato solo sull’ispirazione ma che la musi­ca venga composta secondo regole metodologiche. Tuttavia attorno all’arte del comporre si riflette, in maniera tridimensionale, la vita del compositore. Questa costituisce la base dell’ispirazione. Si po­trebbe dire che la tecnica compositiva risiede nella vita di chi compone. La stessa cosa vale anche per gli autori, gli insegnanti, i presidenti di compagnie, e così via. La musica di un compositore, il roman­zo di uno scrittore, le parole di un insegnante ad uno studente, tutti coloro che sono passati attra­verso prove e tribolazioni, comprendono la ‘realtà’. Questa ‘realtà’, da sola ha il potere di muovere i sentimenti di molte persone. Durante l’esecuzione come direttore, mi sembra che molta ispirazione e molti suggerimenti siano dati dalla ‘Musa’. D’altra parte, ringrazio Dio ogni volta che agonia e dolore sono posti nella mia vita, in quanto questi diven­tano la forza trainante della composizione succes­siva. Come accennato all’inizio, è possibile che la composizione venga da una vita liscia e senza difficoltà, piena di felicità. Finché il compositore ha un adeguato livello di tecnica, è possibile scri­vere musica. Ma ciò che definisce il valore di un brano è la profondità dell’umanità che circonda quella della tecnica. Tuttavia, se posso aggiungere un commento su questo, dico che non vi è alcuna persona con una ‘vita piena di felicità’. Viviamo su un terreno che ha assorbito il sangue delle persone che hanno perso la vita tragicamente attraverso con­flitti e distruzione. Il modo in cui noi compositori cerchiamo di vivere può essere considerato una vita più opprimente di quella di chiunque altro. In caso contrario, non riusciremmo a capire i sentimenti di chi è in difficoltà. Con la preparazione assoluta a sop­portare ogni dolore, abbiamo posto la prima nota su un foglio pentagrammato vuoto.

AA: L’arte dei suoni, l’espressività della voce, l’intensità del messaggio che si intende comunicare, in quale rap­porto stanno con il testo del brano?

KM: Penso che quando si compone un pezzo che ha un testo, per esempio vocale o corale, il contenuto deve essere perfettamente in armonia con il brano stesso. Il ruolo del compositore è quello di amplifi­care e facilitare la comunicazione del significato delle parole nel testo, la sensazione all’interno delle parole che il poeta vuole trasmettere, proprio come un am­plificatore o gli altoparlanti di un sistema audio. Per­ciò, cerco di comunicare questo significato attraverso una moltitudine di retorica. Una poesia è il senti­mento personale di un poeta, dichiarato dalle parole del poeta stesso. Quando si compone un brano corale su un testo poetico, il poeta può sentirsi un po’ con­fuso a causa del fatto che ci sono più ‘esecutori’. Nor­malmente, ci sono molti modi di vivere una poesia, e di norma se ne gode individualmente, così la storia finisce lì. Fare questo in un componimento corale, significa cambiare questa storia con una esecuzione di più persone, per convertirlo in più sentimenti, e per fornirlo ad un pubblico molto vasto, correndo il rischio di rendere una cattiva interpretazione del testo. Io cerco di rimanere in linea con il cuore del poeta per quanto mi è possibile. Quando si prende un testo della Bibbia, anche se la formulazio­ne può portare a confusione, il lavoro di composizione diventa un po’ più facile, essendo le pa­role state assolte da Dio e piene di Spirito Santo; psicologica­mente questo mi mette in uno stato di maggior si­curezza. Con ciò, in molti casi, quando seleziono un testo di un poeta, scelgo testi elevati, ricchi di fede, e in molti casi ottengo risultati soddisfacenti.

AA: Quando hai iniziato a capire che la tua vita avreb­be avuto a che fare con la musica? C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire l’esigenza di comporre? Quale è stato quindi il tuo percorso formati­vo e cosa ti ha formato maggiormente?

KM: Durante la mia infanzia ho ricevuto una intensa educazione musicale ed ho studiato pianoforte, ma è stato quando ho cominciato a frequentare la scuola superiore che ho iniziato ad amare la musica. En­trando nel mondo corale (che non avevo conosciuto prima di allora) mi sono innamorato della musica in una sola volta. L’educazione musicale che avevo ricevuto fino a quel momento era ad un livello elevato, ma aveva posto l’accento sulla tecnica, e non mi dava spesso la sensa­zione di gioia. Ciò che stavo facendo lo sentivo come un dovere. Con l’adesione al coro del liceo, ho spe­rimentato la vera eccellenza della musica. Si hanno compagni nella musica! Ciò che non potrebbe essere fatto individualmente può essere realizzato con i col­leghi. Ho imparato questo fatto al liceo. E’ stata an­che la prima volta mi sono reso conto che la musica è un’attività mentale. Un altro aspetto affascinante della musica corale è la capacità di poter eseguire una serie di composizioni di un autore che vive nella tua stessa epoca. Mentre studiavo pianoforte conoscevo solo Bach, Mozart e Beethoven. Il mio liceo era una scuola comunale normale, non una scuola musicale specialistica, ma l’incontro con il mio insegnante di musica ha determinato la mia vita musicale. Senza il suo pugno di ferro per farmi entrare nel coro, non sarei come sono adesso. Sono ancora grato a questo insegnante dal profondo del mio cuore.

AA: Quali sono stati i tuoi obbiettivi principali raggiunti?

KM: Ho ottenuto una serie di successi sotto la mano guida di Dio: la mia musica eseguita attraverso i con­fini da molte persone, i miei cori vincitori di nu­merosi concorsi, la lista potrebbe con­tinuare… ma oggi sono così pieno di una gioia che non ho mai sperimenta­to prima. Lo scor­so anno, nel 2015, sono stato in grado di avviare il coro per bambini piccoli nella città in cui vivo. Questa è la mia più grande realizzazione di recente. Attualmente è for­mato da una trentina di bambini, dai 4 ai 15 anni. Nessuno ha precedenti esperienze di coro, ed è anco­ra difficile ottenere una armonia, ma io sono molto emozionato nel vedere il loro duro lavoro, e loro si sentono premiati nell’ascoltare il sicuro e costante miglioramento delle capacità canore. Attualmente sto destinando gran parte del mio tempo e il maggior sforzo possibile a questa attività del tutto volontaria. Un giorno, il mio sogno è quello di presentare le loro esecuzioni a tutti voi che state leggendo questa intervista. Vorrei affettuosamente chiedere i vostri applausi e le vostre preghiere.

AA: A quale attività ti dedichi maggiormente, tra la direzione e la composizione? E perché?

KM: Dedico esattamente lo stesso tempo ad entram­be le attività, la direzione e la composizione. Dedico molto del mio tempo, nelle sere dei giorni feriali e nei weekend, all’attività di direzione, e il resto del mio tempo alla composizione. Credo di vivere al mo­mento una vita fortunata, perché quando sento che è difficile stare da solo, posso lavorare con il mio coro e, quando le relazioni diventano fastidiose, posso es­sere interessato unicamente alla composizione!!

AA: Ci sono tra i tuoi lavori alcuni che ti rappresentano maggiormente?

KM: Questa è una bella domanda. Io ho cinque temi o categorie, quando compongo. Il primo è la musica tradizionale che utilizza la struttura sonora del Giap­pone. La seconda, la musica religiosa cattolica. Il terzo sono gli studi volti a migliorare le competenze dei cori e dei direttori. Quarto sono arrangiamenti di musica pop e canzoni di scuola giapponese, in quan­to aspiro a realizzare un pezzo che chiunque possa godere. La quinta categoria è la musica originale co­rale che non rientra in nessuna delle altre categorie, quindi potrebbe essere un brano a cappella, o con accompagnamento del pianoforte, o orchestrale. I brani che rientrano in una delle categorie di cui sopra costituiscono il mio suono, e rappresentano la mia personalità e me stesso. Anche negli arrangiamenti, cerco di esprimere il mio mondo al suo interno. Le mie opere in latino sono oggi eseguite spesso in tutti i continenti. Questa è una cosa che mi rende molto fe­lice. Inoltre, molti dei miei lavori in giapponese sono pubblicati in Giappone, quindi vorrei invitarvi a leg­gere questi spartiti e ad ascoltare le mie esecuzioni.

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AA: A quale genere di progetti hai già preso parte?

KM: In qualità di compositore, alcuni memorabili progetti sono stati il festival di Riga, Lettonia, del 2008 e la mia mostra personale a Shenzhen, Cina, nel 2011.

Il Festival di Riga è stato un grande progetto, su scala nazionale, in cui si sono tenute prime esecuzioni assolute di 17 compositori, in una sola volta. Ho presentato il brano Jubilate Deo, meravigliosamente interpretato dal Coro Kamer (Lettonia) e la prima esecuzione del mio pezzo si è conclusa con un grande successo. Da allora, il coro ha gentilmente eseguito questo pezzo in più eventi, come al Simposio Mon­diale sulla Musica Corale, e molti cori hanno aggiun­to questo brano nei propri repertori.A Shenzhen, sono stato in grado di eseguire molte delle mie opere, compreso il mio lavoro orchestrale con la Shenzhen Symphony Orchestra. Entrambi i progetti sono indi­menticabili per me. Alcuni mesi or sono, ho diretto il concerto del Taipei Male Choir nel Teatro Nazionale di Taiwan a Taipei. La sala concerti, con una capa­cità di 2.000 posti, è stata completamente gremita di pubblico e, con grande entusiasmo, siamo stati in grado di presentare il concerto con un programma di compositori tutti giapponesi. Ho sentito una gioia immensa. Questo concerto rimarrà un’impronta in­delebile nella mia vita.

AA: Qual è il tuo rapporto con gli esecutori della musica che componi?

KM:

– La mia musica eseguita dal mio coro con me stesso come direttore

– La mia musica eseguita da un altro coro con me stesso come direttore

– La mia musica eseguita dal mio coro con un altro direttore

– La mia musica eseguita da un altro coro con un altro direttore.

Questi sono i quattro modelli di esecuzione della mia musica, ma l’ultimo diventa il più intrigante ed interessante. In termini di esprimere i sentimenti del compositore, può essere che il primo modello sia il migliore, ma nell’ultimo modello avviene che l’e­spressione trascende la sensazione del compositore. Così, mi piace ascoltare le esecuzioni di molti cori diretti da diversi direttori. La musica interferisce nel processo di comprensione da una persona all’altra in modo che il rapporto tra il compositore e l’esecu­tore rimanga buono. Questo è il motivo per cui pen­so che il mio brano diventerà un ‘brano felice’ solo dopo che è stato eseguito, non solo dai miei cori, ma anche da molti altri cori.

Intervista Ko Matsushita

AA: A chi ti rivolgi, in particolare, con le tue composi­zioni?

KM:

– A Dio

– Alla Chiesa

– A coloro che aborrono l’odio e la guerra

– A quelli che si battono perché non ci sia bisogno di armi

– A coloro che non possono sfuggire al tormento e al dolore

– A coloro che non possono avere speranza

– A coloro che credono che la musica sia il mezzo per unificare il cuore delle persone in tutto il mondo

– Ai miei antenati, che mi hanno portato ad esistere in questo mondo

 

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